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E’ giusto nazionalizzare le banche?

nazionalizzare le banche

L’ipotesi italiana di nazionalizzare le banche

Il rischio maggiore e assolutamente da scongiurare quando si parla di crisi economico-finanziaria di un Paese è l’eventualità che quello stesso Paese vada incontro al fallimento, al famigerato default di cui di recente tanto si parla anche per quanto riguarda l’Italia.
In campo economico, per default si intende l’incapacità di una nazione di rispettare precisi accordi contrattuali e l’eventualità che essa risulti insolvente come economia facente parte di un sistema di Stati.
Qualora il rischio default si concretizzi in certezza, la situazione per il Paese sarebbe estremamente drammatica: esso attirerebbe su di sé tutta la sfiducia degli altri Stati, il denaro perderebbe valore, la svalutazione del cambio porterebbe una forte inflazione e i tassi di interesse salirebbero all’eccesso. Tutto ciò, unito al fatto che salterebbe completamente il sistema bancario, si tradurrebbe in una condizione estremamente grave!
E proprio a proposito del sistema bancario, negli ultimi tempi si è parlato insistentemente dell’eventualità di nazionalizzare le banche.

Ma può essere davvero utile nazionalizzare le banche? Rappresenterebbe tale scelta la soluzione migliore per il nostro Paese, e cosa comporterebbe? Quali altri Stati hanno già deciso di nazionalizzare le banche e qual è la condizione specifica dell’Italia?
In questo articolo abbiamo cercato di capire, con una breve analisi, i maggiori vantaggi dell’eventualità di nazionalizzare le banche.

Cosa succederebbe se l’Italia decidesse di nazionalizzare le banche

Leggiamo su un artico di Moreno Pasquinelli pubblicato da www.altrainformazione.i:
In questo caso, con lo Stato diventato proprietario degli istituti bancari […] avremmo, in prima battuta, che esso non solo diventerebbe titolare dei crediti delle banche, ma pure dei loro asset, accrescendo così il proprio patrimonio e la propria stessa solvibilità. Venendo al sodo: accadrebbe, con la nazionalizzazione, che quello che per lo Stato è oggi inscritto a bilancio sulla colonna dei debiti verso creditori esterni […] si sposterebbe nella colonna dei crediti. Sottraendo il debito/credito al mercato finanziario globalizzato, lo Stato non solo eviterebbe la propria bancarotta, ma proteggerebbe i suoi cespiti, i suoi patrimoni […].
[…]Una volta che lo Stato ne abbia preso possesso, il patrimonio e le immense entrate tributarie dello Stato diventerebbero la più solida garanzia fideiussoria per il sistema bancario.
Nazionalizzate le banche, una volta che lo Stato sia diventato effettivo titolare del suo debito, prima mossa, solo allora può passare alla seconda, decidere se ristrutturarlo o cancellarlo del tutto. Un governo popolare, cioè un governo che metta l’interesse pubblico e/o nazionale in cima alle sue priorità, lo cancellerebbe del tutto, liberando così i circa 300 miliardi di euro annui che spende per rimborsare i credito-speculatori, per investirli nell’economia, per sostenere i disoccupati e spronare le zone depresse, per salvare la ricerca e l’istruzione, per salvaguardare i diritti di cittadinanza e i beni comuni”.

Tra le maggiori italiane a rischio, quando si parla di nazionalizzare le banche, sembrerebbe essere Monte dei Paschi di Siena.

 

 

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