Il pignoramento del conto corrente è sempre possibile? Ci sono dei limiti di legge per attuare la misura? Quando un conto corrente può essere pignorato? Queste sono solo alcune delle tante domande poste da chi si trova a dover fare i conti con questa procedura.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e capire il meccanismo che c’è dietro il pignoramento del conto.
Pignoramento conto bancario: come funziona
Il pignoramento del conto corrente è una procedura ordinaria che viene attuata per recuperare il credito che il debitore non ha saldato.
Rientra nei pignoramenti presso terzi che sono regolamentati dal Codice di Procedura Civile con gli articoli 492 e 543, in quanto coinvolge un terzo soggetto, ovvero la banca o l’istituto di credito in cui il denaro è depositato.
Il pignoramento del conto bancario non è un procedimento automatico, ma viene predisposto solo dopo l’accertamento sull’impossibilità del debitore di saldare il debito, indipendentemente dalle ragioni.
Per cui la misura è applicata solo dopo l’emissione del titolo esecutivo da parte di un ufficiale giudiziario, come un decreto ingiuntivo o una sentenza.
Fasi del pignoramento
Il pignoramento passa per diverse fasi prima di arrivare all’esecuzione del prelievo forzato. Innanzitutto, bisogna ottenere il titolo esecutivo del credito maturato, per poterlo fare bisogna redigere o ottenere un documento ufficiale che conferma e certifica l’esistenza del debito.
Tra i documenti validi rientrano:
- Atto pubblico, sottoscritto davanti a un notaio, che attesta il prestito;
- Assegni, cambiali, mutui;
- Sentenze di condanna;
- Atto di conciliazione firmato da ambedue le parti;
- Decreti ingiuntivi entro 40 giorni dalla notifica.
Dopo l’ottenimento del titolo esecutivo, si passa all’inoltro dell’atto di precetto al debitore. Se questo non effettua il saldo entro dieci giorni, il giudice può inoltrare l’atto di pignoramento del conto corrente all’istituto di credito.
La banca blocca sul conto corrente l’importo pari al debito presente sull’atto di pignoramento, cifra di cui il titolare non potrà più disporre. Prima che la banca effettui il versamento della somma al creditore, il debitore ha 20 giorni di tempo per opporsi.
Può, ad esempio, dimostrare che il debito non esiste e in tal caso la procedura di pignoramento viene bloccata. Contrariamente, se il ricorso viene respinto, trascorsi i 20 giorni, la banca inviata la somma al creditore.
Cosa succede se il creditore è l’Agenzia delle Entrate?
La procedura di recupero credito, e quindi, anche il pignoramento, può essere chiesto sia da creditori privati che dall’Agenzia delle Entrate per debiti verso lo Stato. Quest’ultima, a differenza di un creditore privato, può inviare la richiesta all’istituto bancario senza l’autorizzazione del giudice.
Dopo l’inoltro della notifica, il debitore ha 60 giorni di tempo per pagare autonomamente il debito. Oltre questo termine, la somma a debito verrà versata dalla banca all’Agenzia delle Entrate.
Limiti di applicazione del pignoramento del conto corrente
La legge prevede un limite per il pignoramento, di norma, quindi, non si può pignorare tutta la somma presente sul conto, ma solo quella parte che eccede il triplo dell’assegno sociale.
Nel 2023 l’assegno sociale è parti a 503,27 euro, per cui il pignoramento interesserà gli importi che eccedono euro 1509,81.
Se però il conto è utilizzato per l’accredito dello stipendio e per pagamenti ricorrenti, il minimo vitale è fissato al doppio dell’assegno sociale, ma con alcuni limiti:
- 1/5 dello stipendio per debiti da lavoro;
- 1/3 dello stipendio se il debito riguarda gli alimenti previsti per legge.
Quindi, è evidente che il pignoramento del conto non porta al blocco totale dei fondi del debitore che potrà continuare a prelevare la porzione di stipendio “minimale” e la parte di denaro depositato che eccede il valore del debito da pagare.
Se invece il debitore è l’Agenzia delle Entrate e il conto è utilizzato per l’accredito di stipendio, l’importo pignorabile è:
- 1/10 dello stipendio se è inferiore a 2.500;
- 1/ dello stipendio se è inferiore a 5.000;
- 1/5 dello stipendio se superiore a 5.000.
Inoltre, se sul conto viene accreditata la pensione, non è possibile pignorare, oltre ai limiti sopracitati, l’1/5 dell’assegno mensile.
In caso di conto cointestato, invece, il pignoramento interessa soltanto il 50% della somma depositata.