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Il mutuo tra piano di rientro e mora, cerca la morosa

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Avete letto il processo di Kafka? Appunto, molte volte quando la dottrina affronta le tante dipanature dell’economia, a cominciare dai mutui, l’affondo è senza fine. Si è giunti, per avere un po’ di chiarezza a dare valore normativo alle singole sentenze, per capire in quale direzione ci si stia muovendo.

Che peccato che sia arduo trovare un terreno comune tra i vari giudici, nei vari gradi processuali!

E’ ormai da anni che si va argomentando che non si riesce a concepire come il piano di ammortamento mutuo applicato da tutte le banche sia quello “francese”, ma in realtà ciò non comprova che altri piani di ammortamento come quello “italiano” siano migliori, tante sono le varianti alla base delle personalizzazioni ad hoc per ogni piano di rientro.

Un veloce riepilogo sul piano di rientro mutuo

Quali erano i pro ed i contro del piano di ammortamento italiano e del piano di ammortamento francese? Nel primo caso, è possibile che la rata diventi meno sostenibile, soprattutto all’inizio della vita dell’ammortamento; in compenso c’è un veloce abbattimento del capitale (quota capitale costante).Di conseguenza, il totale degli interessi pagati, a parità di tutto il resto, è minore. Nel secondo caso, la rata del piano di rientro è certamente più sostenibile, la rata costante (salvo diverse personalizzazioni del piano, quali tasso variabile, cap e via dicendo) e le quote capitale crescenti.

Che cosa si voleva, associazione dei consumatori in lizza? Che non venisse più attuato il piano di ammortamento alla francese, quanto quello italiano, dato che il primo aveva in sé insiti i principi dell’anatocismo.

E qui, effettivamente, i giudici hanno preso le distanze da ogni congerie “economica”, giungendo alla conclusione che non si possa dichiarare “illegittimo” il piano di rientro alla francese. Tutti d’accordo, quindi.

I dissapori intorno al nucleo centrale “mutuo”.

Argomento mutuo, è come far schierare i cavalieri della tavola rotonda. Si era detto che la violazione della soglia di usura sarebbe sussistita semplicemente facendo l’addizione fra i tassi di interesse applicati ed i tassi di mora, e che se la somma dei due fosse risultata superiore alla soglia di usura, caput mundi, era reato di usura.

Non così semplice, purtroppo per i giudici dei vari gradi. Non è possibile sommarli, in quanto equivarrebbe a sommare mele con banane. 1 mela + 1 banana quanto fa? 1 mela ed 1 banana. Ancora peggio che con le beghe del piano di rientro del mutuo. La natura degli interessi non è la stessa e quindi si può cogliere l’illecito solo se il creditore fa un “passo falso” consistente nel calcolare la mora sulla rata comprensiva a sua volta degli interessi sul mutuo. Ma qui sta il bello. Se il creditore ha previsto, come sicuramente ha fatto, in calce al contratto di mutuo un’apposita clausola in cui spiega che tale sarà il meccanismo di calcolo della mora, ciò lo legittima.

Poi, i toni si sono fatti più accesi tra una sentenza e l’altra:

  • No, è sufficiente che i soli interessi di mora siano superiori ai livelli di soglia, ed il cliente non dovrà pagare più alcun interesse, solo la quota capitale del proprio piano di rientro
  • Ma no, gli interessi, gli altri, quelli non di mora, sono di altra natura e quindi vanno sempre pagati.

Nel bel mezzo dell’isterico battibecco, arriva tutto trafelato il difensore della forma “contrattuale” del mutuo che, invece, dice: “E questa è la verità di fede. Se qui c’è una clausola in cui il creditore assicurerà che non verranno applicati tassi di mora superiori ai livelli ammessi dalla legge e questa è quella che conosciamo come “clausola di salvaguardia”, allora il quid pro quo non sussiste. Al limite, si procederà ad un’altra natura di istanza e di giudizio.

Siccome a venirne fuori è a dir poco impossibile, sgambettando sgambettando il mutuo se ne va, in cerca della sua morosa. E forse non farà più rientro. Quale piano di rientro?

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