ll neo ministro del lavoro Fornero ha chiaramente stabilito che il sistema pensionistico attuale verrà riformato introducendo per tutti un sistema di tipo retributivo. Pertanto i versamenti contributivi effettuati dal lavoratore ( che ammontano a circa un terzo della retribuzione per i lavoratori dipendenti ed al 20 per cento per i lavoratori autonomi) andranno ad effettuare il montante contributivo che verrà utilizzato per l’erogazione della pensione.
Attualmente il sistema di oggi è il frutto della riforma Dini effettuata nel 1995. All’epoca si divisero i lavoratori in tre tipologie. Vie erano quelli che alla data del 1995 avevano 18 anni di contributi già versati e pertanto ricadevano nel sistema contributivo. Altri invece , che erano a cavallo tra l’introduzione del nuovo sistema e la cessazione del precedente, vedevano la pensione calcolata in due modi ( in base quindi a quanto versata prima del 1995 e quanto versato dopo). Per chi invece iniziava a lavorare dopo tale data il sistema è interamente retributivo e quindi l’importo della pensione verrà calcolato in base a quanto versato.
Il risparmio per il sistema previdenziale pubblico è evidente visto che attualmente un lavoratore che finisce la sua attività lavorativa ha diritto a circa il 70 per cento dell’ultimo stipendio, a titolo di pensione, mentre quando andrà in pensione , con l’applicazione del sistema retributivo, avrà diritto a circa il 53,8 per cento di quanto percepiva. Tuttavia , secondo gli esperti del settore, il sistema attuale non potrà avere lunga vita visto che ha causato numerosi squilibri ( si pensi ad un usciere che riesce a diventare direttore generale, e vedrà quindi la pensione commisurata agli ultimi stipendi percepiti).
Con il sistema retributivo si avrà diritto quindi a quanto versato, moltiplicato per un coefficiente diverso a seconda dell’età in cui si va in pensione ( è minimo se si va a 62 anni, e tende a crescere sino a 68 anni).