In materia economico-finanziaria, per default si intende l’impossibilità di un individuo di rispettare determinate condizioni contrattuali.
Contestualmente, per rischio default in Italia si intende la possibilità che il nostro Paese risulti insolvente quale economia facente parte di un sistema di Stati che collaborano tra loro.
Ciò che tutto il mondo si chiede oggi è se l’Italia si trovi realmente nella pericolosissima condizione di rischiare il fallimento. A dirla franca, non pochi sono i fattori che farebbero propendere l’ago della bilancia verso il sì.
Un debito pubblico mondiale altissimo (circa 2mila miliardi di euro), una crescita praticamente pari a zero durante gli ultimi 20 anni, un deficit sempre crescente, oltre a una situazione politica interna decisamente instabile e poco rassicurante: questi, soltanto alcuni dei motivi per cui noi italiani dovremmo preoccuparci alquanto.
Conseguenze del rischio default in Italia
Cosa succederebbe dunque se domani la finora “quasi presunta” insolvenza da parte dell’Italia si trasformasse in una certezza? Cosa accadrebbe se ci trovassimo improvvisamente in default? Una spiegazione esaustiva e convincente viene da “L’orribile scenario del default”, l’articolo pubblicato da LaVoce, il 1° Dicembre 2011, e che sintetizziamo brevemente in questo pezzo.
Le tre frasi del rischio default in Italia
Possiamo ipotizzare la possibilità che si verifichino tre fasi: la prima, relativa a una crisi di liquidità e all’insolvenza suddetta; la seconda, caratterizzata dalle pressioni deflazionistiche; la terza, vinta dalle pressioni inflazionistiche e da un’instabilità politica ed economica.
Sembrerebbe vero, purtroppo, che la prima temuta fase sia già in essere. L’Italia infatti non è in grado di attuare misure e riforme capaci di riavviare la crescita, ormai assolutamente bloccata, e di far fronte alla spesa pubblica. I tassi di interesse stanno diventando insostenibili e il pagamento dei debiti a scadenza sembra rischiare sempre più di essere compromesso. Che la crisi di liquidità sia totale o parziale, c’è poca differenza: l’accesso ai mercati verrebbe precluso giorno dopo giorno, in quanto la nostra nazione perderebbe tutta la credibilità di cui dispone. Nessun investitore investirà più il suo denaro e pagare il debito in scadenza e ridurre quello successivo sarà impossibile.
Le pressioni deflazionistiche e inflazionistiche, conseguenza del rischio default in Italia.
La fase delle pressioni deflazionistiche vede generalmente coinvolte, in maniera molto pesante, le banche. Il trasferimento di fondi verso Stati che adottano la stessa moneta, ma che sono decisamente più forti è una delle conseguenze più probabili. Ovviamente, gli altri paesi dell’Unione Europea bloccherebbero i capitali detenuti dalle banche italiane fuori dall’Italia per non essere trascinati anch’essi nel crollo e il fallimento delle banche potrebbe avvicinarsi inesorabilmente. Le conseguenze si ripercuoterebbero in maniera immediata su risparmiatori e aziende, che si riverserebbero subito a prelevare i soldi tenuti in banca. Lo Stato dovrà dunque bloccare tale movimento di capitali per evitare il fallimento economico-finanziario e si creeranno così le pressioni deflazionistiche. La crescita potrebbe trasformarsi in recessione. Crollerebbero le entrate fiscali e l’uscita del Paese dall’euro potrebbe essere inevitabile. Una soluzione questa? No, i costi sarebbero troppo alti. Ci piegherebbero in men che non si dica.
Quali sono, infine, le conseguenze dell’ultima fase del rischio default in Italia? Nulla di rassicurante, purtroppo. La svalutazione del cambio porterebbe una forte inflazione e i tassi di interesse per i prestiti salirebbero all’eccesso. I risparmiatori subirebbero perdite enormi e l’ultima ancora di salvezza per il Paese sarebbe rappresentata dall’esportazione, che però non sarebbe disposta a investire in un Paese instabile.
Il Paese diventerebbe inesorabilmente… povero.
Ecco perché il rischio default in Italia deve rimanere soltanto una brutta, pericolosa eventualità.
(fonte:Lavoce.info)