Le tasse su rendite finanziarie sono il contributo che lo stato chiede agli italiani e non che, in questo periodo di crisi finanziaria, hanno deciso di investire dei contanti nel nostro Paese. Le tasse su rendite finanziarie sono una novità in senso negativo, perché il Mercato e la borsa italiani rischiano così di perdere obbligazioni preziose. Si tratta di contanti che, con le tasse su rendite finanziarie, rischiano di passare nelle mani di altri Paesi europei. In più, se si vuole favorire chi intende investire su di noi, il minimo doveva essere con la crisi finanziaria, l’uso di tasse su rendite finanziarie almeno ridotte della metà in un Mercato sempre più globale. Invece, tra i titoli di stato e le obbligazioni la differenza della percentuale applicata sulle tasse su rendite finanziarie è del 7,50%, vicino al rendimento dei titoli di stato stessi.
A quanto ammontano le tasse su rendite finanziarie?
Le tasse su rendite finanziarie riguardano i titoli di stato, le assicurazioni quotate in borsa (che avranno sul Mercato delle tasse su rendite finanziarie pari al 12,5%), le obbligazioni e le azioni sul Mercato (20%). Cosa cambia per chi intende investire nei titoli italiani? In genere, chi intende investire ragiona sul rendimento lordo: allora, sul nostro conto bancario abbiamo un rendimento del 4% lordo l’anno. Da questo 4% dobbiamo togliere il 20% di tasse su rendite finanziarie (perché un conto viene considerato come un’azione sul Mercato). Con il nostro investire sul conto abbiamo un rendimento di 40 € e lo stato ne chiede agli italiani 8. Se, invece di un conto, avessimo investito i nostri contanti in titoli di stato, le nostre tasse su rendite finanziarie sarebbero di 5 €. Con la crisi finanziaria, come si incentiva chi vuole investire con 3 € di differenza?
Le tasse su rendite finanziarie: il gettito fiscale
Secondo le stime dello stato, le tasse su rendite finanziarie porteranno nelle casse dello stato circa 30 miliardi di euro.