Un tema trattato molto spesso in campo economico è quello inerente le liberalizzazioni e quali effetti benefici possano produrre se attuate. In precedenza è stata tentata la strada di eliminare i vincoli per alcune categorie o ordini professionali ed i benefici sono stati subito evidenti.
La recente manovra di ferragosto ( dl 138 del 2011) aveva intrapreso la strada delle liberalizzazioni in base al principio che tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge poteva essere attuato almeno in per quanto riguarda le attività economiche. Infatti tale principio sarà alla base anche del testo del disegno di legge di modifica costituzionale che sarà oggetto di discussione prossimamente in parlamento al fine di modificare l’ art. 41 della costituzione in merito alla liberà di iniziativa in campo economico.
Tuttavia se da principio si era tentata la strada della liberalizzazione successivi interventi da parte di diversi esponenti politici hanno riportato sul binario originario ogni tentativo di eliminare vincoli e paletti in merito all’esercizio di una attività o professione. E’ dire che l’ Italia potrebbe avere notevoli benefici se fossero attuate le liberalizzazioni. Uno studio effettuato dalla Confindustria infatti ha stabilito che qualora fossero attuate “in toto” si avrebbe un aumento dell’ 1,8 per cento del prodotto interno lordo per dieci anni. Un risultato straordinario, ed anche se vi fosse un’ attuazione delle norme meno rigida e più graduale gli aumenti del pil sarebbero comunque consistenti ( almeno 1,5 per cento). Altri studi condotti da diverse associazioni hanno anche visto che la burocrazia ed i vincoli incidono sui costi di gestioni delle società, stimando che ogni anno vengono spesi almeno 7,5 miliardi di euro dovuti in gran parte alle mancate liberalizzazioni. I campi in cui attuare le liberalizzazioni sarebbero i più svariati: dalla possibilità per tutti di poter aprire dei distributori di carburante, alla rivendita di medicinali generici, dall’accesso ad alcune professioni che allo stato attuale sono contingentate.
Tuttavia la ventata di innovazione che portava il decreto legge 138 del 2011 è stata subito attenuata dagli interventi di diversi che in sede di discussione parlamentare hanno modificato la norma. In particolare era stata accordata la possibilità ai comuni ( a tutti e non solo a quelli turistici per il quale la norma rimane in vigore) di eliminare i vincoli obbligatori di chiusura domenicale, di orari di apertura e chiusura , ecc. Tuttavia tale tipo di liberalizzazione è stata subordinata all’adozione di un decreto da parte dell’esecutivo da emanare entro quattro mesi dall’introduzione della norma, in assenza si continuerà ad operare come prima. In tema invece di possibili nuove iniziative economiche si è deciso che tutto sarà possibile a meno che non venga espressamente vietato dalla legge. Dal novero delle nuove iniziative dovranno tuttavia essere escluse tutte quelle che vanno ad influenzare la sicurezza pubblica, la salute o la finanza statale. A conti fatti rimane pertanto ben poco. Infatti occorre eliminare dalle possibili liberalizzazioni i tabacchini , le stazioni di servizio ed i giochi a pronostico ad esempio, visto che sono tutte attività per le quali lo stato ha garantito un gettito e pertanto non possono essere liberamente intraprese. Fuori dalla liberalizzazioni sono ancora professioni come il medico o il notaio visto che in questo caso si parla sempre di salute o interessi pubblici.
Per altre professioni è stato proprio espressamente vietato l’eliminazione di vincoli o paletti. Ci riferiamo ad esempio ai taxi per i quali una norma stabilisce chiaramente che non debbano essere considerati in quanto servizi a noleggio con conducente no di linea. Alla fine siamo sempre in attesa dei decreti che l’esecutivo emanerà in merito , ma sembra che sono ben poche le attività o le professioni che non rientrano in quelle per le quali lo Stato ha posto un vincolo di immodificabilità.