Ormai ci si è fatta l’abitudine. Ogni più piccola proposta di riforma vede sempre il frapporsi tra due o più contendenti: i pro ed i contro. Peccato che stavolta si è semplicemente detto: se verrà applicata tale modifica non sarà imposta ma è di natura opzionale. Ebbene sì, niente paura, a quanto sembra, se pure verrà introdotto il Tfr anticipato in busta paga, non sarà un obbligo ma bensì un diritto. Quali sono, allora, i timori all’origine del dibattito che riguarda solo i lavoratori del comparto privato e non quelli del settore pubblico? Cerchiamo di fare un po’ di ordine nella matassa.
Si tratta della solita contesa classista?
In gergo, chi sono i classisti, seppure sia lecito definirli così? Coloro che vedono sempre da una parte il lavoratore, e dall’altra il datore di lavoro. Ci sono, quindi, i diritti dei lavoratori da tenere ben stretti e separati dai diritti del datore di lavoro. No, non è la risposta esatta! I classisti sono coloro che vedono la società permeata sempre dalla classe sociale (chi vi dice come fece Berlusconi, in una recente apparizione televisiva, appena dopo la tempesta che ne voleva l’uscita dalla politica, “noi siamo borghesi” è presumibilmente un classista!) I classisti, pertanto, sono coloro che colgono nell’humus dei rapporti socio-economici un’imperitura dimensione di conflittualità. I rapporti di forza sono alla base della società ed è per questo che sono nati i sindacati, nonché i vari gruppi di interesse, più o meno coalizzati: non tutti hanno gli stessi diritti da salvaguardare.
Fin qui, nulla di pregiudizievole, una semplice visione della realtà di tutti i giorni che potrebbe anche corrispondere al vero…chissà.
Però è da dire, a differenza dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la ferma opposizione al Tfr anticipato in busta paga, vede schierati sia i datori di lavoro che i sindacati dei lavoratori. Per quale motivo? Quale sarebbero i timori, visto che sarebbe facoltà del lavoratore accettare o meno il Tfr anticipato in busta paga?
Semplice, il Tfr anticipato in busta paga, o si tratti del 50% o del 100% del Tfr, verrebbe spalmato nel corso della vita lavorativa del lavoratore, non dandogli grandi vantaggi se non quelle 70-100 euro in più al mese (ipotizzando una retribuzione mensile lorda di 2600 euro e 5 anni di servizio) che servirebbero per il sostentamento delle esigenze di tutti i giorni (la rata del mutuo, un “carrello” della spesa più pieno), ma non certamente un investimento importante per la vita futura che possa migliorare lo stile di vita. Ma, in fondo, non è detto che avere in blocco 15.000 euro implichi investirli bene.
Inoltre, il Tfr, spettante al termine del rapporto di lavoro, è decaduto per molte piccole imprese che hanno meno di 50 dipendenti, dal momento in cui fu stabilito che si destinava il Tfr alla previdenza complementare e l’azienda lo versava in termini di contributi. In fondo, non dimentichiamoci che il Debitore, in ultima istanza, verso il lavoratore è sempre lo Stato, nel contesto degli enti di gestione previdenziale. L’azienda beneficia in termini di sconti fiscali, dato che anticipa il Tfr. Ma c’è un problema. Per queste aziende con meno di 50 dipendenti non potrebbe rappresentare un problema il fatto che il lavoratore opti per il Tfr anticipato in busta paga, creando loro un impegno di liquidità addizionale?
Così come il TFR, all’atto dell’erogazione, è sottoposto a tassazione, tanto deve valere per il TFR anticipato in busta paga. Come? Si è pensato che la tassazione non dovrebbe essere agevolata rispetto a chi lo chiede anticipatamente ma rispecchiare quanto mediamente il lavoratore paga, come se si avesse solo un differimento finanziario dell’importo maturato, null’alpiù. Quindi, nelle ipotesi allo studio, c’è quella di applicare una tassazione separata per il Tfr anticipato in busta paga, solo transitoriamente, e con un’aliquota molto più bassa di quella marginale Irpef per poi rifare il computo definitivo tenendo conto di quanto il lavoratore ha mediamente pagato, in termini di tassazione, nell’arco dei 5 anni dalla richiesta del Tfr anticipato in busta paga. Se è stato pagato in più, l’imposta verrà restituita ma tutto dipende dal confronto finale tra aliquota media ed aliquota separata.
Per il momento, è solo fumo, dato che si sta parlando senza avere nella mani la modifica effettiva di legge che non sappiamo nemmeno se ci sarà sul serio. Ciò che dobbiamo aspettare è semplicemente la nuova Legge di Stabilità che proprio in questi giorni è sul tavolo di preparazione.