Metodo contributivo donne: parliamo della crisi del lavoro che le donne del nostro stato devono affrontare nonostante i pregiudizi nell’ambito del lavoro. Il lavoro alle donne viene visto dal nuovo metodo contributivo donne varato dal Governo come un modo per consentire di lavorare di più. Con la crisi del lavoro, però. questo ha generato negli italiani nuove paure: se da un lato non esiste una concreta possibilità di lavoro per i giovani, dall’altro il metodo contributivo donne equipara agli uomini nel mondo del lavoro, ma non fornisce nulla in termini di servizi sociali e di sovrastrutture necessarie per risolvere la crisi del lavoro.
Il metodo contributivo donne
Il metodo contributivo donne si basa sul lavoro delle donne stesse: se parliamo di dipendenti pubbliche, per esempio, per arrivare alle pensioni le donne dovranno avere un’età di 66 anni, se dipendenti del privato 62, se autonome nel proprio lavoro 62. Naturalmente, il metodo contributivo donne prevede alcune differenze. Anzitutto, chi si trova nel 2012 a 57 anni e 35 di contributi potrà tranquillamente andare in pensione. Dal 2013 verranno alzate le fasce di età per mantenere le donne al proprio posto di lavoro nonostante la crisi del lavoro contingente. Infatti, le pensioni anticipate potranno essere richieste con 41 anni di lavoro con i contributi e un mese, che diventeranno 42 anni e 5 mesi di contributi da lavoro nel 2012. In questo periodo la riforma del Governo è apparsa lontana dalla realtà: come si può chiedere alle donne di avere le pensioni con il metodo contributivo donne quando nel mondo del lavoro a 40 anni già una donna viene tagliata fuori e al Sud le percentuali di donne che non cercano un lavoro dopo la maternità sono il doppio rispetto al Nord per mancanza di servizi a sostegno del lavoro femminile?
La sfida del metodo contributivo donne
La sfida è proprio questa: con il metodo contributivo donne si cerca di superare la crisi del lavoro come se questa derivasse dalle dipendenti e non dalle società in crisi.